ANNO 14 n° 120
Peperino&Co.
La chiesa delle Fortezze
di Andrea Bentivegna
09/07/2016 - 02:00

di Andrea Bentivegna

Ogni 25 marzo, pioggia permettendo, una tradizionale fiera anima le vie del nostro centro. Questa usanza è iniziata nel secondo dopo guerra perché la manifestazione in precedenza si svolgeva altrove, fuori dalle mura, nei prati attorno alla chiesa che dell’Annunziata.

Eppure ormai se si ricerca questo nome sui libri non lo si trova. Inevitabile, dal momento che quella chiesa era consacrata in realtà con il nome di Santa Maria delle Fortezze. Purtroppo oggi, di questo splendido edificio, non rimangono che delle rovine nel bel mezzo di un parcheggio a ridosso delle mura e non lontano da San Sisto.

Un tempo, bisogna ricordarlo, le cose erano però molto diverse. Anticamente la via Cassia, la strada che conduceva a Roma e dunque la più importante, non si inoltrava in città attraverso l’odierna Porta Romana -del resto non esisteva ancora via Cavour- ma passava dalla più piccola porta San Leonardo. Era dunque questo l’accesso più importante alla città dei Papi.

Fu proprio accanto a quella porta, sui resti di un’antica fortezza, che fu eretta una piccola chiesetta. A volerla fu direttamente l’imperatore Enrico IV che passerà alla storia nel 1077 quando, per convincere il Papa a revocare la scomunica nei suoi confronti, trascorrerà in ginocchio tre giorni e tre notti, umiliandosi sotto la neve di fronte al castello di Matilde di Canossa. La revoca arrivò ma non passò molto tempo prima di essere nuovamente scomunicato.

In ogni caso la prima chiesa fu eretta quindi verso la fine dell’ XI Secolo e rimase in piedi per circa quattro secoli fin quando cioè si decise di innalzarne al suo posto una considerevolmente più grande. Del progetto, ancora oggi, poco si conosce. La paternità della nuova è stata attribuita praticamente a tutti i grandi architetti del Cinquecento da Bramante al Vignola; Sappiamo per certo solo che la prima pietra fu posta il 21 giugno 1514 alla presenza del vescovo Ottaviano Riario, per il resto ci muoviamo nel campo delle ipotesi.

Purtroppo, ciò che è certamente noto è che anche il destino di questo importante edificio fu segnato dai cruenti bombardamenti del 1944. Le Fortezze Volanti alleate distrussero numerose parti della nostra città e nemmeno questa chiesa non fu risparmiata, anzi, la sua vicinanza con la stazione di Porta Romana fece sì che diverse bombe la colpissero riducendola in un cumulo di macerie. Ben poco si salvò, eppure molti altri monumenti versavano in condizioni simili a quel tempo ma mentre questi furono prontamente ricostruiti le Fortezze rimasero a lungo semi-sventrate finché non crollarono definitivamente dimenticate dai viterbesi.

Oggi ciò che si può ancora ammirare non è che una piccola porzione corrispondente alla parte terminale, la zona dove sorgeva l’altare, mentre la cupola ottagonale, le tre navate, e la facciata sono perse e ne rimane testimonianza solo in qualche rara foto.

Non importa più di tanto se il progetto fosse di Bramante o di Vignola. Il primo del resto ebbe sempre un rapporto privilegiato con il potentissimo cardinale viterbese Egidio Antonini e dunque non è impensabile pensare che potesse aver progettato anche questa chiesa. Vignola del resto era l’architetto della famiglia Farnese e sappiamo per certo che sulla facciata della chiesa delle Fortezze campeggiasse il grande stemma gigliato del cardinale Alessandro. Anche questa ipotesi è dunque verosimile. Ma il nome potrebbe anche essere ricercato altrove come ipotizzò Cesare Pinzi che indicò in Battista Di Giuliano da Cortona l’autore della chiesa. È difficile stabilirlo. Ciò che invece è certo è che quei tremendi bombardamenti ci hanno privato definitivamente di questo edificio, un pezzo importante della nostra storia, andato completamente perduto e che per i viterbesi di oggi ormai corrisponde solo ad un parcheggio.





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